Perché la donazione potrebbe essere impugnata dagli eredi “legittimari” del donante, dopo la morte di quest’ultimo, laddove determini una lesione della loro quota ereditaria riservata. Possono quindi sorgere controversie tra i successori del donante.
Il legittimario che esercita vittoriosamente la c.d. “azione di riduzione” (che serve appunto a “ridurre” il valore della donazione, rendendola parzialmente inefficace verso il legittimario) ha poi diritto di agire per la restituzione del bene anche nei confronti di chi lo abbia acquistato dal donatario: per questa ragione, chi acquista una casa proveniente da una donazione si trova in una posizione di rischio potenziale, e faticherà a trovare una banca che gli eroghi un mutuo per l’acquisto del medesimo immobile.
È bene però osservare che (contrariamente a quanto affermato da alcune banche per giustificare il rifiuto di erogare il mutuo) che la donazione non rende affatto l’immobile incommerciabile: il problema di cui si tratta attiene alla garanzia “per evizione” che il donatario deve prestare al suo acquirente, risarcendolo nel caso in cui egli perda il bene per iniziativa degli eredi del donante.
Recentemente, una modifica legislativa ha limitato (purtroppo in modo non abbastanza incisivo) la portata del problema, prevedendo che l’azione di restituzione verso il terzo che acquista dal donatario non possa più essere esercitata decorsi venti anni dalla trascrizione della donazione: il termine di venti anni è tuttora troppo ampio, e per di più la sua decorrenza può essere sospesa da una “opposizione” dei legittimari del donante.