Con l’art. 540 del Codice Civile, il Legislatore ha riconosciuto al coniuge superstite, oltre ad una quota ereditaria, pari a quella dei figli (oppure anche superiore, se questi siano piĂą di due), il diritto di abitazione e di uso sui beni mobili che la corredano. Trattasi di un diritto reale di godimento su una cosa altrui, con il quale il titolare può abitare una casa, limitatamente ai suoi bisogni e della sua famiglia – Secondo la Cassazione Civile, il diritto spettante al coniuge superstite, nel caso di immobile di proprietĂ esclusiva del de cuius, è esteso all’intero immobile, senza alcun limite, non potendo essere limitato alla sola porzione di immobile sufficiente alle sue esigenze alloggiative, nĂ© può estendersi ad un’altra autonoma unitĂ immobiliare, rispetto alla vita domestica, anche se facente parte del medesimo fabbricato, ma non utilizzata per le esigenze abitative della famiglia – Nello specifico, il diritto di abitazione, associato al diritto d’uso dei mobili che corredano la casa familiare, costituisce un diritto reale di godimento “minore”, analogo al diritto di usufrutto, sia pure avente un’estensione limitata. Differenze tra usufrutto e diritto di abitazione, nonchĂ© aspetti che li accomunano – Secondo una recente sentenza della Cassazione Civile il diritto di abitazione del coniuge superstite scaturisce solo se la casa adibita a residenza familiare era di proprietĂ del coniuge defunto o di proprietĂ comune tra i coniugi. Ciò non accade, invece, se la proprietĂ apparteneva in comunione al coniuge defunto e ad un altro soggetto, diverso dal coniuge superstite – Per il trasferimento dei diritti reali, ergo, anche per il diritto di abitazione è necessaria la trascrizione nella Conservatoria dei Registri Immobiliari: pertanto, la semplice registrazione all’Agenzia delle Entrate non è sufficiente, bensì occorre l’intervento di un Notaio – Nel caso di separazione tra coniugi, ai fini successori, il coniuge separato ha gli stessi diritti del coniuge non separato, tranne quando gli sia stata addebitata la separazione – Secondo un’importante recentissima sentenza della Cassazione Civile, il diritto di abitazione, anche qualora non sia stato trascritto alla Conservatoria dei Registri Immobiliari (oppure sia trascritto successivamente all’iscrizione ipotecaria e all’iscrizione del pignoramento), è opponibile al creditore pignorante.
L’abitazione è un diritto reale di godimento su una cosa altrui, con il quale il titolare può abitare una casa, limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia. Con l’art. 540 del Codice Civile, il Legislatore ha riconosciuto al coniuge superstite, oltre ad una quota ereditaria, pari a quella dei figli, (oppure anche superiore, nel caso in cui questi siano piĂą di due), il diritto di abitazione e di uso sui beni mobili che la corredano. Detta norma garantisce al coniuge superstite la permanenza nella casa familiare, anche se la proprietĂ dell’immobile passa ad altro erede, oppure, eventualmente, ad un creditore del defunto. L’intento della norma è evidente, nell’evitare al coniuge superstite “i danni che la ricerca di un nuovo alloggio cagionerebbe alla stabilitĂ delle abitudini della persona”, suffragato, altresì, da numerosa giurisprudenza di legittimitĂ , tra cui la sentenza n.2754/2018 della Cassazione Civile, sezione II.
Il diritto di abitazione nella residenza familiare, riservato al coniuge superstite, viene immediatamente acquisito da quest’ultimo, al momento dell’apertura della successione, vale a dire dal momento del decesso dell’altro coniuge e può avere ad oggetto soltanto l’immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius, come residenza familiare.
Esso viene esercitato dall’ “habitator”, solo personalmente e direttamente; ne consegue che il diritto di abitazione non può essere ceduto a soggetti terzi o dato in locazione, come sancito dall’art. 1024 c.c. , nĂ© concesso in comodato. All’habitator non è consentito costituire dei diritti di pegno o di ipoteca, sul diritto di abitazione, nĂ© concedere diritti reali di godimento. Ergo, i beni oggetto del diritto di abitazione non possono essere sottoposti a sequestro o pignoramento, neppure dal proprietario creditore del titolare del diritto di abitazione.
Secondo quanto disposto dagli artt. 1026 e 979 c.c., la durata del diritto di abitazione non può superare la vita dell’habitator, bensì è possibile prevedere un termine inferiore alla durata della vita del titolare del diritto stesso; contestualmente, i familiari dell’habitator possono beneficiare dell’alloggio, fino all’esistenza del diritto di abitazione.
Il diritto di abitazione si distingue dalla locazione, per il godimento diretto dell’immobile e dal diritto d’uso, poichĂ© esso non produce frutti civili o naturali.
Esso si può costituire mediante testamento, oppure con contratto, in base ad un accordo volontario tra le parti, da effettuarsi con una scrittura privata autenticata dal notaio, mediante la quale il proprietario costituisce il diritto di abitazione a favore di un altro soggetto, oppure trasferisce la nuda proprietĂ , riservandosi il diritto di abitazione; deve essere necessariamente trascritto nella Conservatoria dei Registri Immobiliari, affinchĂ© sia opponibile verso chiunque, ai sensi dell’art.2653 c.c. . Si estingue per il decesso dell’habitator, nonchĂ© per la scadenza del termine fissato nella scrittura privata autenticata dal notaio, oppure per sua rinuncia.
Le vigenti leggi prevedono che il diritto di abitazione sorga automaticamente nei seguenti due casi:
- Diritto di abitazione sulla casa familiare spettante al coniuge superstite, in seguito al decesso del coniuge proprietario. In tal caso, tale diritto permane fino alla morte del coniuge superstite;
- Diritto di abitazione sulla casa coniugale che spetta all’ex coniuge, in seguito a separazione o divorzio,
con cui vivranno i figli, su disposizione del Giudice.
SECONDO LA CASSAZIONE CIVILE, IL DIRITTO SPETTANTE AL CONIUGE SUPERSTITE, NEL CASO DI IMMOBILE DI PROPRIETA’ ESCLUSIVA DEL DE CUIUS, E’ ESTESO ALL’INTERO IMMOBILE, SENZA ALCUN LIMITE, NON POTENDO ESSERE CIRCOSCRITTO ALLA SOLA PORZIONE DI IMMOBILE SUFFICIENTE ALLE SUE ESIGENZE ALLOGGIATIVE, NE’ PUO’ ESTENDERSI AD UN’ALTRA AUTONOMA UNITA’ IMMOBILIARE, RISPETTO ALLA VITA DOMESTICA, ANCHE SE FACENTE PARTE DEL MEDESIMO FABBRICATO, MA NON UTILIZZATA PER LE ESIGENZE ABITATIVE DELLA FAMIGLIA.
Con la pronuncia della sentenza n.12042/2020, la Suprema Corte di Cassazione, Sesta sezione Civile – 2, è stata investita del caso riguardante due figli coeredi pro quota, insieme alla madre ed altri fratelli, di un immobile pervenuto per successione del padre deceduto. Orbene, questi due fratelli hanno avviato un giudizio nei confronti degli altri fratelli, per ottenere la limitazione del diritto di abitazione della madre, ad uno spazio dedicato in base alle sue minori esigenze abitative, oltre al possesso delle restanti parti dell’immobile, occupate da terzi. Tra le richieste avanzate dai due fratelli, vi era anche il ristoro dei frutti del bene immobile non goduto e la sua divisione. I due fratelli lamentavano che l’immobile era occupato, oltre che dalla propria madre, (al piano terra), anche da uno dei fratelli con la moglie (al primo piano), nonchĂ© dalla figlia con il genero, (al secondo piano).
Il Giudice di primo grado aveva rigettato tutte le domande poste da parte dei due fratelli, ritenendo che non fosse stato provato che, alla data del decesso del de cuius, la residenza familiare fosse limitata ad una sola parte dell’immobile.
La Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado, precisando che non è possibile limitare l’uso e il diritto di abitazione del coniuge superstite, al solo spazio necessario alle sue esigenze abitative, potendo godere il medesimo dell’intera superficie dell’immobile e consentire il godimento del bene stesso ai suoi familiari.
Uno dei due figli ha presentato ricorso alla Cassazione; quest’ultima, confermando i giudizi espressi dal Giudice di Primo Grado e della Corte di Appello, ha rigettato il ricorso, sancendo che “sin dall’apertura della successione, sia compresa nella comunione la sola nuda proprietĂ dell’alloggio. I coeredi, nudi proprietari, non hanno diritti dipendenti dal mancato godimento dell’immobile, che compete al coniuge”. PiĂą dettagliatamente, la Suprema Corte ha ribadito “che il diritto di abitazione, che la legge riserva al coniuge superstite (art. 540, secondo comma, cod. civ.) può avere ad oggetto soltanto l’immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius come residenza familiare. Il suddetto diritto, pertanto, non può mai estendersi ad un ulteriore e diverso appartamento, autonomo rispetto alla sede domestica, ancorchĂ© ricompreso nello stesso fabbricato, ma non utilizzato per le esigenze abitative della comunitĂ familiare”.
NELLO SPECIFICO, IL DIRITTO DI ABITAZIONE, ASSOCIATO AL DIRITTO D’USO DEI MOBILI CHE CORREDANO LA CASA FAMILIARE, COSTITUISCE UN DIRITTO REALE DI GODIMENTO “MINORE”, ANALOGO AL DIRITTO DI USUFRUTTO, SIA PURE AVENTE UN’ESTENSIONE LIMITATA. DIFFERENZE TRA USUFRUTTO E DIRITTO DI ABITAZIONE, NONCHE’ ASPETTI CHE LI ACCOMUNANO.
Il diritto di usufrutto è molto vasto: esso consiste nella possibilità di incassare qualunque tipo di frutto dall’immobile, derivante sia dall’utilizzo diretto del bene, sia dall’eventuale profitto scaturente dalla concessione del medesimo in locazione a terzi. Di contro, il diritto di abitazione è più limitato e consiste, come desumibile dalla denominazione stessa, dal potere di abitare un immobile di proprietà di un altro individuo, ma non potrà mai essere concesso in locazione a terzi.
Altresì, non si può utilizzare l’immobile per altri scopi diversi da quello abitativo; pertanto, avendo il dovere di rispettare la destinazione economica propria dell’immobile oggetto del diritto di abitazione, esso non potrà mai essere adibito ad ufficio, magazzino o deposito ecc. .
All’habitator compete anche l’onere di sostenere le spese di manutenzione ordinaria, (mentre quelle di natura straordinaria spettano al nudo proprietario), oltre alle spese condominiali relative ai consumi effettuati (ad esempio, l’acqua), nonché i tributi locali, previsti dalle vigenti leggi. All’uopo si precisa che, pur essendo espressamente esente da imu l’immobile adibito ad abitazione principale, sia per l’habitator, sia per il nudo proprietario, il titolare del diritto è tenuto a pagare gli altri tributi locali quali, la tari e la tasi).
L’abitator può ospitare i propri familiari conviventi, nonché i figli nati dopo la costituzione del diritto medesimo.
Mentre l’usufrutto può riguardare vari tipi di immobili (case, negozi, garage, uffici, tettoie, parcheggi ecc.), il diritto di abitazione è limitato alla casa destinata ad uso abitativo del coniuge superstite e dei propri familiari.
Il diritto di usufrutto può essere ceduto ad un’altra persona; tuttavia, la durata della seconda cessione non potrà mai essere postuma alla durata dell’originario diritto di usufrutto. In contrapposizione, il diritto di abitazione, consistendo nella facoltà di abitare una casa, limitatamente ai bisogni del titolare del diritto e della sua famiglia, non è cedibile a terzi.
Il diritto di abitazione è riservato esclusivamente alle persone fisiche, mentre il diritto di usufrutto può essere concesso a chiunque, incluse le società e le associazioni.
L’usufrutto e il diritto di abitazione, seppur distinguendosi per tanti elementi, come sopra trattato, hanno alcune caratteristiche comuni, che vengono di seguito elencate:
- Il proprietario dell’immobile può cedere la nuda proprietà , tuttavia l’acquirente è tenuto a rispettare il diritto dell’utilizzatore, fino alla naturale scadenza del contratto;
- Il proprietario dell’immobile non può accedere all’immobile, salvo previa autorizzazione avuta dall’utilizzatore;
- Le spese di manutenzione sono a carico dell’utilizzatore, solo se riguardano la manutenzione ordinaria;
- Le spese condominiali sono a carico dell’utilizzatore solo per quanto riguarda l’ordinaria amministrazione e i consumi mentre, le spese di gestione straordinaria sono interamente a carico del proprietario;
- I tributi locali (tari e tasi) sono interamente a carico dell’utilizzatore.
SECODO UNA RECENTE SENTENZA DELLA CASSAZIONE CIVILE IL DIRITTO DI ABITAZIONE DEL CONIUGE SUPERSTITE SCATURISCE SOLO SE LA CASA ADIBITA A RESIDENZA FAMILIARE ERA DI PROPRIETA’ DEL CONIUGE DEFUNTO O DI PROPRIETA’ COMUNE TRA I CONIUGI. CIO’ NON ACCADE, INVECE, SE LA PROPRIETA’ APPARTENEVA, IN COMUNIONE AL CONIUGE DEFUNTO E AD UN ALTRO SOGGETTO, DIVERSO DAL CONIUGE SUPERSTITE.
Secondo l’orientamento prevalente, sia in dottrina, sia in giurisprudenza, nel caso in cui la casa di abitazione familiare sia in comproprietà con soggetti terzi, non si verificano i presupposti per la nascita del diritto di abitazione e di uso, in quanto non sarebbe rispettato l’intento del Legislatore di assicurare al coniuge superstite il pieno godimento della casa e degli arredi che la corredano.
Con la sentenza n.15000 del 28/05/2021, la Corte di Cassazione Civile, sez.II ha sancito, conformemente all’ultimo orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, (sentenza della Cassazione Civile n.6691/2000), in merito all’art.540, comma 2, del Codice Civile, secondo cui, al coniuge superstite, anche nel caso in cui sia chiamato all’eredità , unitamente ad altri chiamati, “sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni”.
Si evidenzia che i giudizi della giurisprudenza di legittimità in merito a tale decisione, non sono sempre stati univoci, in passato; a titolo di suffragio, si ricorda la sentenza n.2474/1987, con la quale era stato sancito che, nel caso in cui la residenza familiare del de cuius, fosse stabilita in un immobile in comproprietà tra il defunto e un terzo, “il diritto di abitazione del coniuge superstite trova limite di attuazione, in ragione della quota di proprietà del coniuge defunto”. Resta fermo il principio secondo cui, qualora il diritto di abitazione scaturisca dalla casa di residenza familiare, di proprietà del de cuius, oppure in comunione tra i coniugi, il valore della quota di legittima del coniuge superstite è composto anche dal valore del diritto di abitazione. Ne consegue che, ad esempio, se il de cuius ha lasciato quali eredi, la moglie e due figli ed ha riconosciuto al coniuge la sola quota legittima, in sede di rogito notarile di successione ereditaria il coniuge superstite si presenta con una quota di valore, pari ad un quarto della massa ereditaria, oltre al valore del diritto di abitazione sulla casa.
PER IL TRASFERIMENTO DEI DIRITTI REALI, ERGO, ANCHE PER IL DIRITTO DI ABITAZIONE E’ NECESSARIA LA TRASCRIZIONE NELLA CONSERVATORIA DEI REGISTRI IMMOBILIARI: PERTANTO, LA SEMPLICE REGISTRAZIONE ALL’AGENZIA DELLE ENTRATE NON E’ SUFFICIENTE, BENSI’ OCCORRE L’INTERVENTO DI UN NOTAIO.
Come sopra già trattato, il diritto di abitazione è un diritto reale, con il quale il proprietario dell’immobile trasferisce ad un altro soggetto l’utilizzo esclusivo del bene in questione. In presenza di un diritto reale, il titolare del diritto è il soggetto tenuto a pagare tutti gli oneri fiscali inerenti all’immobile mentre, il titolare della proprietà è assimilato ad un nudo proprietario.
Per tutti gli atti con cui vengono trasferiti dei diritti reali, è necessaria la trascrizione nei registri immobiliari, dal momento che, solo con questa modalità , il trasferimento ha efficacia erga omnes, ossia nei confronti di chiunque, quindi, anche nei confronti dei soggetti terzi estranei all’accordo intercorso.
Si evidenzia che, con la semplice registrazione dell’atto all’Agenzia delle Entrate, è possibile trasferire i diritti personali dell’utilizzo dell’immobile, ad esempio il comodato gratuito oppure il contratto di locazione mentre, per il trasferimento dei diritti reali, la semplice registrazione all’Agenzia delle Entrate non è sufficiente ed è necessario ricorrere ad un Notaio, per la trascrizione nella Conservatoria dei Registri Immobiliari.
NEL CASO DI SEPARAZIONE TRA CONIUGI, AI FINI SUCCESSORI, IL CONIUGE SEPARATO HA GLI STESSI DIRITTI DEL CONIUGE NON SEPARATO, TRANNE QUANDO GLI SIA STATA ADDEBITATA LA SEPARAZIONE.
Secondo l’art.548, comma 1, del Codice Civile, ai fini dei diritti successori riconosciuti dalla legge, il coniuge separato senza addebito viene equiparato al coniuge non separato.
Tuttavia, occorre esaminare concretamente la situazione che si è venuta a creare, dopo la separazione dei coniugi: se, in conseguenza della separazione, non sussiste più una casa adibita a residenza familiare, non potrebbero essere attribuiti i diritti di uso e di abitazione.
In tal caso, il coniuge separato ha diritto solo al ad un assegno vitalizio qualora, al momento dell’apertura della successione, percepisca gli alimenti a carico del coniuge deceduto.
SECONDO UN’IMPORTANTE RECENTISSIMA SENTENZA DELLA CASSAZIONE CIVILE, IL DIRITTO DI ABITAZIONE, ANCHE QUALORA NON SIA STATO TRASCRITTO ALLA CONSERVATORIA DEI REGISTRI IMMOBILIARI (OPPURE SIA STATO TRASCRITTO SUCCESSIVAMENTE ALL’ISCRIZIONE IPOTECARIA E ALL’ISCRIZIONE DEL PIGNORAMENTO), E’ OPPONIBILE AL CREDITORE PIGNORANTE.
Una citazione latina è propizia al commento che segue, inerente ad un’importantissima e recentissima pronuncia della giurisprudenza di legittimità : “Ubi maior, minor cessat” (Di fronte al più forte, il più debole si fa da parte).
Con la sentenza n. 4092 del 09/02/2023 della Cassazione Civile, Sez. III è stato sancito che “Il diritto di abitazione spettante al coniuge ex art.540 c.c. è opponibile al creditore che abbia pignorato, in danno di un coerede, una quota indivisa della proprietà dell’immobile anche se non sia stato trascritto (o lo sia stato successivamente all’iscrizione ipotecaria e alla trascrizione del pignoramento), trattandosi di diritti diversi e concettualmente compatibili e non verificandosi, quindi, la situazione di conflitto tra acquirenti dal medesimo autore di diritti tra loro incompatibili, presupposto per l’applicazione dell’art.2644 c.c., con la conseguenza che, in tale caso, oggetto della procedura esecutiva deve ritenersi il diritto di nuda proprietà (o quanto meno, il diritto di proprietà limitato dal suddetto diritto reale di godimento).
Nel caso de quo, un creditore aveva pignorato la quota di un terzo del diritto di proprietà , di un immobile indiviso, pervenuto al debitore esecutato, per successione mortis causa del padre. La madre ha presentato ricorso per opposizione, in primo grado, ai sensi dell’art. 619 c.p.c., attestando di essere titolare del diritto di abitazione, come previsto dall’art. 540 c.c., in quanto moglie del de cuius. Ella ha richiesto che venisse dichiarato nullo ed inefficace il pignoramento, poiché aveva colpito un diritto maggiore, rispetto a quello di cui era titolare il debitore esecutato (figlio erede).
Il Tribunale di Chiavari non era dello stesso parere e ha rigettato il ricorso.
La madre, impavida ad oltranza, non si è arresa e ha presentato ricorso alla Corte di Appello di Genova.
Quest’ultima, riformando la sentenza del Tribunale di Chiavari, accoglieva il ricorso e le istanze presentate dalla madre.
La Suprema Corte si è pronunciata a favore della ricorrente, sancendo che deve essere dichiarato illegittimo il pignoramento, avente per oggetto un immobile gravato dal diritto di abitazione, in favore del coniuge superstite ex art. 540 c.c., per la parte eccedente la nuda proprietà dell’immobile pignorato, quand’anche l’acquisto del diritto di abitazione (legato ex lege) non sia stato trascritto prima dell’iscrizione dell’ipoteca o della trascrizione del pignoramento.
La Corte di Cassazione, nella stesura della pronuncia de quo, ha fornito importanti precisazioni, ricordando che l’art. 540, comma 2, c.c. attribuisce al coniuge superstite il diritto di abitazione sulla casa, che era adibita a residenza familiare, già fin dall’apertura della successione, ossia dal momento del decesso del de cuius. Dunque, da tale perno temporale il coniuge superstite acquista un diritto reale di godimento, in forza di un legato stabilito automaticamente dalla legge. Detto diritto reale viene acquisito effettivamente dal momento del decesso del coniuge defunto, come inopinabilmente sancito dall’art. 649, comma 2, c.c. .
Affidarsi al proprio Notaio di fiducia, che abbia maturato una consolidata esperienza in materia immobiliare, consente di ponderare meglio le situazioni, sia sotto il profilo oggettivo, sia sotto il profilo soggettivo, sapendo consigliare la soluzione migliore da adottare, in ogni singolo caso specifico.